Introduzione

Nel 1992 fu sottoscritta la CBD, convenzione internazionale per la conservazione della diversità bilogica (Earth Summit di Rio de Janeiro), poi ufficialmente adottata da molti paesi, tra cui l'Italia, che la ratificò nel 1994 con la Legge n. 124 del 14-2-1994. Per l'attuazione delle tematiche legate alla conservazione del mondo vegetale seguirono nel 2002 due importanti piani strategici: a livello globale la GSPC, Global Strategy for Plant Conservation (Decisione VI/9); a livello continentale la EPCS, European Plant Conservation Strategy , che fu adottata dal Consiglio d'Europa, congiuntamente a Planta Europa (AA.VV., 2004). Questi documenti strategici focalizzano 16 importanti obiettivi target, ai quali le parti, cioè gli Stati contraenti in primis, ma anche altri stakeholders a tutti i livelli, sono invitati a dare concreta attuazione. Gli obiettivi riguardano la conoscenza e la documentazione della biodiversità vegetale, la sua conservazione e uso sostenibile, così come la promozione dell'educazione, della consapevolezza e della capacità di conservazione, nonché della condivisione e scambio delle conoscenze, anche mediante la creazione di reti internazionali.

In particolare, la GSPC, all'obiettivo 8, raccomanda la conservazione ex situ del 60% delle specie a rischio e l'avvio di progetti di moltiplicazione e reintroduzione sul 10% di queste specie, entro il 2010. Per quanto riguarda l'Unione Europea le intenzioni sono ancora più ambiziose: l'EPCS, all'obiettivo 2.5, raccomanda di provvedere a conservare ex situ l'80% delle specie a rischio di scomparsa, sempre entro il 2010.

A livello italiano si è iniziato a rispondere agli obblighi derivanti dalla sottoscrizione della CBD, mediante la stesura di un Piano Nazionale per la conservazione della biodiversità, la cui redazione, tuttavia, non è andata oltre alle prime fasi di definizione, con l'emanazione delle “Linee strategiche e programma preliminare per l'attuazione della Convenzione della Biodiversità in
Italia" (Delibera CIPE del 16/04/1994). Altre iniziative sono comunque state promosse per la conservazione di specie ed habitat, a livello nazionale; oltre al mantenimento di una significativa rete nazionale e locale di aree protette, già da tempo realizzate, corrispondenti circa al 10% del territorio nazionale (L. n. 394/1991): in attuazione della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE sono stati individuati i Siti di Importanza Comunitaria (SIC), nell'ambito della rete europea Natura 2000; inoltre sono stati individuati o sono in via di individuazione diversi Centri nazionali per la conservazione della biodiversità forestale. Tuttavia, molto resta ancora da realizzare per giungere all'effettiva conservazione in situ ed ex situ della flora spontanea italiana nel suo complesso, che permane largamente minacciata (CONTI et al., 1992; 1997; WALTER, GILLET, 1998; SCOPPOLA et al., 2003; APAT, 2003; SCOPPOLA, CAPORALI , 2005). Riguardo alla conservazione ex situ, oggetto dell'art. 9 della CBD, nel 2001 il II° rapporto nazionale sull'attuazione della convenzione stessa (MATT, 2001) riportava che la tutela della flora spontanea è condotta autonomamente da alcuni Orti botanici, con specifico riferimento alla conservazione di singole specie quali, ad esempio, Zelkova sicula e Abies nebrodensis in Sicilia oppure Marsilea quadrifolia in Emilia-Romagna. Questa attività degli Orti botanici è in sintonia con quanto riportato nel “Piano d'azione per i Giardini botanici dell'Unione Europea” che, all'obiettivo C2, dá indicazione di sviluppare e gestire adeguatamente le collezioni ex situ, per consentirne l'utilizzo ai fini della conservazione (BGCI, associazione internazionale Botanic Gardens Conservation International).

Per raggiungere gli obiettivi di conservazione ex situ delle piante minacciate, tuttavia, da più parti viene suggerito di creare reti di coordinamento regionali, nazionali e internazionali, per scambiare conoscenze e tecnologie, sviluppare sinergicamente azioni su priorità fissate di comune accordo, per evitare sprechi o duplicazioni (GSPC, obiettivo 16). In quest'ottica, in Europa, recentemente sono sorte strutture nazionali di coordinamento (reti): in Spagna si è costituita l'associazione REDBAG (RED de BAncos de Germoplasma), che coordina la conservazione ex situ degli Orti botanici; in Francia opera la rete governativa dei Conservatoires botaniques.

A livello sovranazionale si registrano importanti iniziative comunitarie: per il Mediterraneo occidentale il progetto GENMEDOC (Création d'un réseau de centres de conservation du matériel génétique de la flore des régions méditerranéennes de l'espace MEDOCC, FESR-Interreg III B, 2003-03-4.1-E-060, (http://www.genmedoc.org ) e il progetto SEMCLIMED (SEMence, CLImat et MEDitérannée http://www.semclimed.org) che si avvale dei risultati e del progetto GENMEDOC e li estende su nuove regioni strategiche del Mediterraneo. A questi progetti partecipano anche due partner italiani (Università di Catania e Università di Cagliari); il progetto ENSCONET (the European Native Seed CONservation NETwork, VI Progr. Quadro UE, RICA-CT-2004-506109, www.unipv.it/labecove) che coinvolge 19 paesi europei, tra cui l'Italia, la quale partecipa tramite tre partner (Museo Tridentino di Scienze Naturali, Università di Pisa e Università di Pavia).

In Italia, in assenza di un quadro normativo nazionale, alcune Regioni ed altri Enti territoriali hanno promosso la costituzione di centri per la conservazione ex situ della flora spontanea a livello locale: tra le altre ricordiamo il Piemonte (LR 22/83), la Lombardia (DGR VII/16038 16.1.2004); la provincia di Trento (delibera PAT 1159 24.5.2002); la Toscana (LR 56/2000 e delibera 1175 22.11.2004); la Provincia di Livorno (decisione 106 del 12.10.2004); la Provincia di Cagliari (LP n. 2037 16.05.1997); la Sicilia (POR Sicilia 2000-2006 Decisione C(2000) 2348 del 8.08.2000); la Provincia di Palermo (delibera 0207/24 27.2.1998). In seguito a tali misure, varie istituzioni pubbliche e private hanno allestito banche del germoplasma, beneficiando talora di significativi investimenti diretti alla installazione di strutture d'avanguardia.

Letteratura citata

AA.VV., 2004 – La strategia europea per la conservazione delle piante. Inform. Bot. Ital,. 36, Suppl. 1 (Traduzione a cura di Alessandrini A., Foggi B. e Perini C. Titolo originale: European Plant Conservation Strategy).
APAT, 2003 – Environmental data yearbook. APAT, Agency for Environmental Protection and Technical Services, Rome (http://www.sinanet.apat.it ).
Conti F., Manzi A., Pedrotti F., 1992 – Libro rosso delle piante d'Italia. Ministero dell'Ambiente, Ass. Ital. per il WWF e SBI, Roma.
Conti F., Manzi A., Pedrotti F., 1997 – Liste rosse regionali delle piante d'Italia. WWF e SBI, Camerino.
Matt, 2001 – National report to the Convention on biological diversity. Roma (www.minambiente.it).
Scoppola A., Caporali C., Gallozzi M.R., Blasi C., 2003 – Aggiornamento delle conoscenze floristiche a scala nazionale: commenti e primi risultati. Inform. Bot. Ital. 35(1): 178-197.
Scoppola A., Caporali C., 2005 - Le specie vulnerabili, endemiche e rare della flora vascolare italiana. In: Blasi C. (Ed.) “Sistema biodiversità Italia”. SBI – Commissione per la Promozione della Ricerca Botanica, Matt , Direzione per la Conservazione della Natura.- DCN. (In stampa).
Walter K.S., Gillet H.J., (Eds.), 1998 – 1997 IUCN Red List of Threatened Plants. IUCN, Gland.
Fonti
Conservazione ex situ della flora spontanea italiana: RIBES, una nuova iniziativa nazionale (Rossi G., Bonomi C. e Bedini G.) - Informatore Botanico Italiano, 2005.

 

 

 

 

 

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