Linee di ricerca

 

Ecofisiologia della germinazione

L’individuazione dei protocolli di germinazione efficaci avviene attraverso l’esecuzione di prove sperimentali di laboratorio. Il disegno sperimentale è impostato a partire da una analisi bibliografica preliminare e dalla consultazione di algoritmi e protocolli di germinazione già sperimentati per unità tassonomiche affini (IBPGR, 1985; Liu et al., 2008), al fine di individuare i range ottimali di temperatura e la necessità di applicare eventuali pre-trattamenti (Baskin & Baskin, 2004; ISTA, 2006). Le prove di germinazione vengono realizzate in capsule Petri da 60 o 90 mm di diametro contenenti un substrato di agar all’1%. Per l’esecuzione delle prove di germinazione la Banca dispone di una cappa a flusso laminare (Faster KB) dove si possono effettuare le operazioni di semina ed i successivi controlli periodici in condizioni di sterilità biologica e di 6 camere di crescita con termoperiodo e fotoperiodo regolabile (Sanyo, MLR-351), attualmente impostate alle temperature di 5, 10, 15, 20, 25 e 25/10 °C e 12/12 ore di luce/buio. Le prove al buio vengono realizzate avvolgendo le capsule Petri con due fogli di alluminio al fine di evitare qualsiasi esposizione dei semi alla luce, pertanto la germinazione finale viene valutata al termine del test. La vitalità dei semi non germinati alla fine dei test viene stimata mediante l’esecuzione del test colorimetrico al tetrazolio (Moore, 1985; Leist et al., 2003; ISTA, 2006) o mediante la prova del taglio.

 

 

Archeobotanica

La linea di ricerca di archeobotanica si occupa dello studio dei resti vegetali recuperati nei diversi siti preistorici e protostorici presenti in Sardegna. 

Il materiali oggetto di studio è costituito da resti botanici (semi, frutti, carboni, ecc.) conservatisi nei sedimenti archeologici. Per una corretta identificazione dei resti vegetali, l'archeobotanica si avvale degli strumenti metodologici propri della botanica che permettono di ottenere una corretta identificazione, quantificazione e interpretazione dei materiali. La procedura di recupero avviene attraverso il metodo della flottazione che prevede il lavaggio del sedimento archeologico e la setacciatura a maglie fini dei materiali recuperati. Attraverso l’utilizzo di un microscopio binoculare e una collezione di semi attuali e all'utilizzo di diversi atlanti specifici si procede all'identificazione dei differenti taxa recuperati dai sedimenti. I materiali vegetali possono conservarsi sotto forma carbonizzata, essere impregnati d'acqua o essiccati. La forma più comune di conservazione alle nostre latitudini è quella della carbonizzazione, che può prodursi intenzionalmente, come nel caso dei semi tostati per ottenere conservazioni a lungo termine, o può verificarsi in maniera occasionale o fortuita dovuta a incendi. In genere i resti carbonizzati sono presenti in grandi quantità nei focolari domestici dove è possibile recuperare resti di cereali, resti basali delle spighette e frutti. I materiali vegetali possono fornire numerose informazioni sulle piante, tra cui evoluzione delle specie vegetali, processi di domesticazione, pratiche agricole e dieta vegetale delle comunità del passato.

 

Genetica

Le banche di DNA e le collezioni di tessuti per la successiva estrazione di DNA svolgono un ruolo sempre maggiore nell’acquisizione delle informazioni genetiche che possono venir utilizzate in studi di biodiversità e conservazione; sono altresì cruciali per la realizzazione di determinati studi filogenetici, ecologici, evoluzionistici, biotecnologici, ambientali e, non da ultimo, tassonomici. Presso la Banca Germoplasma della Sardegna è stata avviata di recente una collezione di tessuti relativi alle specie endemiche non solo della Sardegna ma anche degli altri territori insulari del Mediterraneo occidentale, nonché ai taxa che rivestono un particolare interesse da un punto di vista fitogeografico. Sulle specie endemiche minacciate e/o di maggiore interesse scientifico vengono realizzati studi filogeografici e di genetica di conservazione utilizzando opportuni marcatori molecolari. Tali studi rappresentano una base conoscitiva fondamentale a livello genetico utile per la pianificazione di strategie di conservazione di tali specie sia in situ che ex situ.   

 

Caratterizzazione morfometrica e colorimetrica del germoplasma mediante tecniche di analisi di immagine

Il germoplasma può essere caratterizzato dal punto di vista morfologico e colorimetrico, mediante l’impiego di tecniche di analisi d’immagine in grado di misurare parametri qualitativi correlati alla forma, dimensione, colore e tessitura della superficie del seme. Operando su immagini digitali dei campioni di germoplasma, questa tecnica permette un’accurata caratterizzazione morfo-colorimetrica, ripetibile e non distruttiva. Il metodo prevede l’acquisizione dei campioni di semi mediante scanner piano, a risoluzioni variabili in funzione delle dimensioni dei semi, comprese tra 400 e 800 dpi. Al fine di ottenere valutazioni cromatiche corrispondenti al colore reale dei semi, le immagini acquisite vengono calibrate con una procedura che prevede l’impiego di standards internazionalmente riconosciuti. Le immagini dei campioni così ottenute vengono processate ed analizzate mediante l’impiego del software KS-400 V.3.0 (Carl Zeiss, Vision, Oberkochen, Germany). In tal modo è possibile ottenere le misurazioni di circa 140 parametri morfologici e colorimetrici di ogni singolo seme. I dati ottenuti vengono successivamente elaborati mediante il software statistico SPSS (SPSS Inc. for Windows, Chicago, Illinois, USA) con il quale viene implementata una procedura di caratterizzazione, riconoscimento e classificazione statistica sulla base dei parametri misurati. L’obiettivo di questa procedura è quello di identificare i campioni di germoplasma, confermandone l’inquadramento tassonomico o ipotizzando nuove possibili collocazioni.

 

Biologia riproduttiva di specie esotiche invasive

La linea di ricerca sulle invasioni biologiche e gli impatti che ne derivano è indirizzata all’analisi e valutazione del rischio d’invasività attraverso lo studio della biologia riproduttiva di piante alloctone invasive in situ ed ex situ. Lo studio della biologia riproduttiva in situ viene realizzato con escursioni periodiche nel territorio regionale sardo per il monitoraggio della distribuzione ed evoluzione delle popolazioni delle specie invasive studiate con l’ausilio di strumenti di campo (GPS, quadrati permanenti, ecc.) e attraverso la compilazione di apposite schede. Dal punto di vista procedurale vengono utilizzate le schede riportate nel Manuale dell’APAT (Bacchetta et al., 2006) per ottenere dati aggiornati sulla consistenza e distribuzione delle popolazioni. Lo studio ex situ viene realizzato attraverso l’analisi dell’ecofisiologia della germinazione delle specie invasive nei laboratori di BG-SAR. Il testaggio del germoplasma sui semi raccolti nelle località delle popolazioni studiate è realizzato con la stessa procedura delle specie autoctone e seguendo le fasi standard della banca. I test di germinazione vengono eseguiti a temperature costanti e una parte dei semi viene utilizzata per l’esecuzione dei test di germinazione con aggiunta di cloruro di sodio (NaCl) a differenti concentrazioni, al fine di valutare la capacità di germinazione anche su substrati salmastri. Gli obiettivi della ricerca sono finalizzati all’elaborazione dei protocolli di germinazione per le specie alloctone invasive, necessari per valutare la capacità germinativa delle accessioni raccolte e per disporre di informazioni ecologiche importanti per elaborare strategie utili al controllo e/o eradicazione delle stesse.

 

Studio dell’agro-biodiversità di Vitis vinifera L. in Sardegna

Questo studio nasce tra il 2008-2012 grazie alla collaborazione instaurata con l’Agris (Agenzia per la Ricerca in Agricoltura della Regione Sardegna) con lo scopo di affinare le conoscenze dell’attuale patrimonio varietale autoctono della Sardegna mediante la caratterizzazione morfo-colorimetrica dei semi nella collezione ex situ dei vitigni autoctoni della Sardegna.

A questo scopo, è stata sviluppata un’apposita macro “Vitis mcr” in grado di fornire informazioni relative alla dimensione e colore dei semi scansionati e mediante successiva analisi statistica discriminante (LDA) costruire classificatori in grado sia di individuare e caratterizzare le cultivar sulla base del colore della bacca, l’attitudine della cultivar sia di formare gruppi di sinonimia utili a fare maggiore chiarezza sul problema delle false attribuzioni. Questo database è stato successivamente implementato con le informazioni relative alle maggior parte delle popolazioni di vite selvatica e degli archeo-semi rinvenuti presso i siti archeologici della Sardegna con il fine di creare ulteriori classificatori statistici capaci di studiare le relazioni esistenti tra le varietà coltivate ed i propri progenitori selvatici e le relazioni esistenti tra le due sottospecie di vite con i semi archeologici, con lo scopo di studiare e ricostruire i processi di domesticazione avvenuti nel corso dei millenni nell’Isola.

 

Impatto del cambiamento climatico sulla flora mediterranea attraverso lo studio biologico-riproduttivo di specie vulnerabili

Il bacino del Mediterraneo è stato riconosciuto come una delle regioni biogeografiche prioritarie per la conservazione ed è stato identificato come uno dei 34 più importanti hotspot di biodiversità del pianeta. Si prevede che il cambiamento climatico in atto, inteso come riscaldamento globale, produrrà notevoli effetti sulla diversità vegetale in Europa; molte specie vegetali, in particolare quelle che vivono in zone montuose, potrebbero nel medio periodo diventare gravemente minacciate a causa dell’innalzamento delle temperature. Diversi processi biologici, come per esempio cambiamenti nella fenologia, bassa produzione di semi, ritardo o completa inibizione della germinazione (causati eventualmente da un insufficiente periodo di naturale vernalizzazione) e/o emergenza delle plantule in condizioni climatiche non idonee, potrebbero essere influenzati dai cambiamenti climatici. Diverse specie endemiche delle zone montuose della Sardegna (e.g. Nepeta foliosa Moris, Rhamnus persicifolia Moris, Ribes multiflorum Kit. ex Roem. & Shult. subsp. sandalioticum Arrigoni e Ruta lamarmorae Bacch., Brullo & Giusso) sono state studiate al fine di individuare le condizioni ottimali per la germinazione e valutare gli effetti del riscaldamento globale sulla loro biologia riproduttiva. Grazie a questi studi, è inoltre possibile individuare e attivare delle azioni atte a garantire la loro conservazione ex situ ed elaborare e proporre strategie di conservazione in situ. Questi studi sono supportati ed integrati dall'analisi dei dati climatici provenienti dalle più vicine stazioni termo-pluviometriche e da diversi data-logger (TidbiT v2 Temp logger HOBO Onset) posizionati in diverse zone della Sardegna che permettono di registrare le temperature a livello del suolo e quindi valutare le reali condizioni ottimali di germinazione in situ per diversi taxa.

 

Crio-conservazione

Lo stoccaggio a lungo termine e la conservazione in condizioni standard (semi deidratati al 5 ± 2% di umidità e conservati a -18°C) nelle banche del germoplasma  è possibile solo per il germoplasma considerato "ortodosso" (cioè semi che possono essere notevolmente deidratati e stoccati a temperature inferiori a 0°C; Roberts, 1973). I semi intolleranti alla deidratazione e quindi anche al congelamento (recalcitranti) e il germoplasma cosiddetto "intermedio" (tollerante all’essiccazione, ma non al congelamento; Walters et al. 2013) richiedono invece la crio-conservazione per la conservazione ex situ a lungo termine. La Banca del Germoplasma della Sardegna possiede un cryotank in grado di contenere circa 5300 campioni. I campioni contenuti nel cryotank sono immagazzinati in azoto liquido a -196°C. A questa bassa temperatura e tramite l'utilizzo di metodi per la crio-protezione dei tessuti idratati, la formazione di cristalli di ghiaccio viene evitata e i campioni possono essere conservati per svariati decenni in uno stato vetroso. BG-SAR utilizza la tecnica della crioconservazione per la conservazione a lungo termine di spore di felce, semi recalcitranti, e tessuti di specie a rischio di estinzione.

 

 

 

 

 

 

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